“La strada della luce” di Maria Gemma Pellicciotta: recensione di Giuliana Marrone

La strada della luce della scrittrice Maria Gemma Pellicciotta: pur avendo infatti l’impianto generale dell’autobiografia, appare così complessa nella sua struttura, così aperta a tante suggestioni, che è difficile imbrigliarla in una definizione.
Il racconto parte con la prima infanzia della protagonista, nell’immediato dopoguerra, e già dalle prime pagine ci fornisce una suggestiva chiave interpretativa per ciò che segue. L’autrice infatti narra la storia del suo nome, e si sa quanto il nome posso incidere nella vita di ciascuno di noi. Al momento del suo battesimo, i genitori non trovano un accordo su come chiamarla, per cui la bambina porterà un nome doppio, Maria Gemma. Questo elemento della duplicità resta costante nelle vicende della protagonista, che spesso è combattuta tra il desiderio di essere libera e quello di essere obbediente, di mordere la vita sperimentandola a modo suo e di non deludere le aspettative dei genitori, soprattutto del padre, che lei ama e ammira ma che al tempo stesso le impone regole rigidissime ed un modello di comportamento che lei sente come costrittivo e mortificante. Da questo nascono tensioni e conflitti che fanno soffrire Maria Gemma ma al tempo stesso ne formano la personalità.
Se la ricerca dell’identità da parte della protagonista costituisce il fulcro della prima parte del romanzo, l’incontro con Luigi Baldacci, destinato a diventare il marito di Maria Gemma, il padre dei suoi figli, imprime un netto cambiamento alla narrazione. L’uomo, ma soprattutto l’artista, si impone nelle pagine che seguono con la sua personalità, le sue sperimentazioni e la sua originalità, al punto che la protagonista sembra farsi da parte per lasciare che a campeggiare sia proprio la figura di Baldacci alla cui arte viene reso un appassionato e amorevole omaggio.
Sullo sfondo delle vicende di Maria Gemma, di Luigi e di tutti gli altri personaggi si muove la storia, quella di un mondo che cambia velocemente e che l’autrice tiene sempre presente e il cui dipanarsi viene rievocato con riferimenti puntuali alle più significative trasformazioni politiche e sociali.
Il tono del romanzo cambia con la materia narrata e spesso da oggettivo si fa lirico, soprattutto nella rievocazione delle vicende personali. A questo si aggiunge la presenza di numerose poesie, una per ogni paragrafo, che conferiscono alla struttura l’andamento del prosimetrum.
Con uno stile piano e musicale i versi dell’autore Luigi Perroni colgono di volta in volta gli aspetti più significativi della narrazione cui fanno come da contrappunto musicale.
In questa complessità di voci e di suggestioni tuttavia La strada della luce ha una sua unitarietà, un fil rouge che la attraversa e che consiste nel sentimento da cui è animata: il desiderio e forse anche l’urgenza di dare testimonianza. L’efficacia del romanzo viene proprio da questo, dalla generosità, dall’onestà e dal coraggio con cui l’autrice si racconta.